Trovare un modello di business sostenibile per il giornalismo online non significa solo fare cassa. Significa, soprattutto, ripensare radicalmente il ruolo dell’informazione nell’ecosistema digitale. Un esempio concreto arriva dalla Scandinavia, dove lo Schibsted Media Group, gigante norvegese attivo in 29 paesi (tra cui l’Italia, con Subito.it), sta sperimentando da anni una strategia ibrida che fonde giornalismo e servizi digitali.
Al centro della strategia di Schibsted c’è un’idea tanto semplice quanto rivoluzionaria: utilizzare il traffico generato dai contenuti giornalistici per promuovere e vendere altri servizi digitali del gruppo, trasformando le testate online in veri e propri hub commerciali. Schibsted ha dimostrato che il giornalismo di qualità può essere sostenibile, a patto di conoscere le logiche del digitale e collaborare tra redazioni, tech e business. “La nostra forza è il giornalismo: porta traffico. E noi usiamo quel traffico per sostenere altri business”, spiegava già nel 2010 Anna Settman, allora CEO del quotidiano svedese Aftonbladet, una delle testate di punta del gruppo insieme al norvegese VG.
La trasformazione digitale di Schibsted si basa su 5 pilastri:
- Identità chiara per ogni testata: VG e Aftonbladet puntano sulla rapidità nelle breaking news. Aftenposten e Svenska Dagbladet si concentrano su approfondimenti intelligenti mentre i quotidiani locali valorizzano la copertura del territorio. Ogni testata ha un’identità forte e riconoscibile, pensata per distinguersi in un mercato digitale affollato.
- Cultura dell’innovazione e del rischio: sin dagli anni ’90, Schibsted ha sperimentato tecnologie e modelli in anticipo sui tempi: è stata tra le prime a lanciare app, paywall e piattaforme video . Le redazioni sono coinvolte nell’innovazione e incoraggiate a testare strumenti e format, oggi anche con l’IA.
- Pubblicità data-driven e cross-brand: Schibsted ha superato l’approccio tradizionale per marca e ha unificato l’inventario pubblicitario su tutti i media e marketplace. Con oltre 3 milioni di utenti registrati e dati di prima parte, offre ambienti sicuri e performanti per gli inserzionisti.
- Tecnologia condivisa, ma flessibile: Lo sviluppo tecnologico è centralizzato, ma ogni testata può personalizzare strumenti e prodotti in base alle proprie esigenze editoriali. Il cuore è una piattaforma di content creation interna, apprezzata dai giornalisti e continuamente aggiornata.
- Crescita degli abbonamenti digitali: Dal 2012 Schibsted ha investito in paywall e nuovi format a pagamento come i podcast (PodMe è il caso di maggior successo). Oggi ha oltre 1,2 milioni di abbonati digitali e punta su abbonamenti flessibili e multi-brand per fidelizzare il pubblico.
Il modello “konverteringsbolag”: dal lettore al cliente
La strategia ha anche un nome ben preciso in svedese: konverteringsbolag, letteralmente “azienda di conversione”. In pratica: trasformare i lettori in clienti, guidandoli dai contenuti giornalistici verso servizi digitali a pagamento o supportati da pubblicità interna. In questo schema, il gruppo editoriale diventa contemporaneamente il produttore del contenuto, l’inserzionista e il fornitore del servizio venduto. Un modello che oggi sta influenzando anche altri grandi editori del Nord Europa, come Amedia (Norvegia) e Bonnier (Svezia). La strategia sembra funzionare, ma solleva interrogativi legittimi: fino a che punto può spingersi l’integrazione tra redazione e marketing? Dove finisce l’indipendenza giornalistica e dove comincia l’interesse commerciale? Sono domande ancora aperte. Ma intanto, Schibsted ha già dimostrato che una visione editoriale coraggiosa e una mentalità imprenditoriale possono salvare – e trasformare – il giornalismo nell’era digitale.
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