La Città metropolitana tra festival e futuro

Il Piano strategico metropolitano (Psm), che contiene le linee di sviluppo del territorio per i prossimi dieci anni, segna probabilmente un punto importante nella definizione identitaria della neo Città metropolitana di Bologna che da poco più di un anno sostituisce la vecchia Provincia. Ora, infatti, sui banchi del consiglio a Palazzo Malvezzi non siedono più i consiglieri provinciali, ma i sindaci dei comuni che svolgono le funzioni loro assegnate dalla legge Delrio (56/2014) con spirito di servizio per la collettività.

“Abbiamo cercato di affermare nello Statuto e nelle scelte fatte il ruolo della Città metropolitana come federazione di comuni, un ente che ha nei sindaci un ruolo fondamentale perché sono coloro che stanno realmente sul territorio, che conoscono i cittadini, che amministrano le singole realtà e che ne interpretano le esigenze” ha spiegato Massimo Gnudi (nella foto), primo cittadino di Vergato e vice sindaco della Città metropolitana, che con il proprio interessamento e quello della sua segreteria ha permesso di aprire palazzo Malvezzi ai corsisti e ai cittadini che hanno partecipato alla prima edizione del Festival del giornalismo che si è svolto nel capoluogo emiliano dal 17 al 19 marzo scorso. Una manifestazione con all’attivo 40 eventi tra corsi di formazione, workshop, incontri e dibattiti.

“Il primo anno di vita della Città metropolitana – ha proseguito Gnudi – è stato complesso perché abbiamo dovuto affrontare la fase di passaggio e fare i conti con le inevitabili novità, ha richiesto un notevole impegno. Il bilancio è senz’altro positivo e il Piano strategico metropolitano che è stato presentato lo scorso 6 aprile ne è la dimostrazione”.

Il percorso è cominciato con l’approvazione dello Statuto che definisce funzioni, deleghe e principi dell’organismo che rappresenta i 55 Comuni bolognesi e sono stati fissati il ruolo e l’operatività anche nei confronti della Regione.

Un lavoro importante in cui abbiamo espresso contributi non scontati – ha proseguito Gnudi – e che siamo stati i primi a concludere tra le dieci Città metropolitane nate con la legge Delrio”.

Di questo lavoro fa parte pure l’aspetto strutturale, ossia la collocazione del personale e la ridefinizione delle funzioni. Di fatto oggi in via Zamboni lavora metà dei dipendenti rispetto a prima.  

“Questo organismo di secondo grado – ha concluso Gnudi – sconta gli effetti del contesto in cui è stata approvata la legge Delrio e ora si pone il problema di lavorare ottimizzando le risorse e, dopo una esperienza durata più di un anno, potrebbero essere apportati correttivi di miglioramento della governance”.

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