Rosy Battaglia: giornalista indipendente e…resiliente

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Incontriamo la giornalista freelance e blogger Rosy Battaglia, ideatrice di Cittadini Reattivi, piattaforma online ed esperimento di civic journalism e sito di crowdmapping su ambiente, salute e legalità, premiato nel 2013 da Fondazione Ahref come miglior progetto di inchiesta multimediale ad alto impatto civico e  sociale. Video-storyteller, ha utilizzato la rete come strumento per raccontare temi sensibili della società, coinvolgendo i cittadini nel raccontare la loro storia attraverso il crowdmapping. Rosy Battaglia è stata premiata per i suoi progetti con diversi riconoscimenti:  il premio “Reporter per la Terra 2015” di Earth day Italia, la candidatura al Premio per il giornalismo digitale “Marco Zamperini” nel luglio 2015, il terzo premio al giornalismo d’inchiesta del Gruppo dello Zuccherificio nel 2016, il premio“Pioniere del futuro” per l’utilizzo degli open data nelle inchieste giornalistiche da Assoprovider e NaStartup a giugno 2017. 

a cura di Laura Corallo

Ho iniziato tardi la professione: ufficialmente 10 anni fa, anche se in realtà ho fatto quello che oggi si definisce la “citizen journalist” praticamente da sempre, come cittadina attiva, iniziando come inviata per Radio Popolare, dal mio territorio d’allora, l’alto milanese, negli anni ’90.
Ho iniziato tardi ma proprio nel momento dell’avvento del web e motivata al giornalismo di precisione e di approfondimento. E ho avuto la possibilità di fare inchieste civiche, le prime risalgono alla mia esperienza con il Movimento Difesa del Cittadino, in cui mi ero occupata di caro libri scolastici, dei servizi alle famiglie. Poi via via da Terre di Mezzo a Lettera43, fino poi a Cittadini Reattivi e le collaborazioni con le grandi testate come Valori, Donna Moderna, Wired, Il Sole24ore Nova.

Prima social blogger, poi giornalista. Due attività in apparenza simili. Quali sono le differenze?  
A distanza di anni penso che scrivere in rete, produrre contenuti sia da blogger che da giornalista comporti in ogni caso una precisa responsabilità verso chi legge, scrive e condivide. Non ci sono differenze se non che, chi fa il giornalista di professione in Italia aderisce ad un ordine e ad un codice deontologico e dovrebbe anche ricevere un equo compenso dai propri committenti Ma in questi anni ho visto di tutto: giornalisti e grandi testate violare le carte deontologiche, così come blogger creare dei codici di comportamento per il proprio pubblico.

Sei ideatrice e curatrice di Cittadinireattivi.it, progetto di civic journalism e sito di crowdmapping su ambiente salute e legalità, che mappa i siti inquinati in Italia e le buone pratiche dei cittadini. Di cosa si tratta?

E’ un progetto di inchiesta ad alto impatto civico e sociale, è una piccola piattaforma online dal 2013  Grazie alla vincita di un grant di Fondazione Ahref (3000 euro) abbiamo usato il crowdmapping per raccogliere segnalazioni e storie dai territori contaminati. In questi 5 anni si è evoluto ed è divento un esempio di crowdsourcing journalism in Italia, oltre che e un’associazione che si batte per il diritto di sapere, il monitoraggio civico, gli open data e l’informazione indipendente dal 2015. Nel 2018 è stata selezionata come una delle realtà più rappresentative per la partecipazione e la trasparenza, all’European Open Government Leaders’ Forum.

Anche con pochissime risorse, ricorrendo all’uso dei Social Network, abbiamo iniziato a raccogliere, verificare e diffondere le notizie provenienti dalle comunità più reattive d’Italia. Materiale prodotto “with e for” i cittadini che è stato poi in parte raccolto e pubblicato nelle varie inchieste giornalistiche su Donna Moderna, Nova Il Sole24ore, Wired,  La Nuova Ecologia. Tantissimo materiale, soprattutto quello video e molte storie che andavano raccontate,non solo attraverso i dati, ad esempio, però erano rimasti in archivio, nessun editore era interessato a pubblicarli.

Così ho ideato nel 2017 “Storie Resilienti” e attraverso la raccolta di fondi con il crowdfunding siamo riusciti a produrre il primo documentario-inchiesta, “La rivincita di Casale Monferrato”, che ha debuttato lo scorso 20 febbraio al Circolo della Stampa di Torino, grazie all’FNSI e al’associazione Stampa Subalpina. Doc che racconta una delle vicende più esemplari e significative, in Italia e nel mondo che ho seguito per 4 anni con la mia piccola videocamera. Il riscatto di una comunità dall’amianto, nonostante la giustizia contro Eternit, non sia ancora arrivata attraverso le aule di giustizia. Casale sarà libera dall’amianto entro il 2020.

Il crowdfunding: colletta dell’era digitale. Banca Etica ha selezionato #Storieresilienti di Cittadini Reattivi nel bando Impatto+ per i progetti culturali sulla sostenibilità ambientale. La campagna di crowdfunding a sostegno del progetto ha raccolto  oltre 8 mila euro. In generale, il finanziamento dal basso può  essere uno strumento per promuovere modelli indipendenti di informazione giornalistica a più livelli?

Per noi lo è senza dubbio, e stiamo studiando come modularlo a più livelli. Il successo della prima produzione dal basso, con il sostegno dell’Associazione Familiari e Vittime dell’Amianto e la città di Casale Monferrato e oltre 170 cittadini e associazioni da tutta Italia, ci ha confermato che il lavoro fatto in questi anni, con grandi difficoltà economiche, aveva invece senso e valore.
Anche per questo intendiamo proseguire questa strada, per produrre l’altro documentario-inchiesta che racconta le vicissitudini della Terra dei Fuochi del nord, Brescia, svegliatasi dal torpore grazie alle mobilitazioni civiche, e un libro – ebook dove raccogliere le storie principali raccolte in questi anni in giro per l’Italia. Chiunque creda in questo tipo di giornalismo può sostenerci, donando alla nostra associazione.

Cosa significa essere donna e giornalista freelance? La tua giornata tipo?

Tranne quando sono in trasferta è la giornata di tutte le donne in Italia. Sveglia, colazione, a scuola e poi al PC o allo smartphone, più o meno tutto il giorno. Ma per certi versi vuol dire, soprattutto nei momenti di difficoltà, non staccare mai.  Anche se è, invece, una professione nella quale si possono conciliare i tempi per allevare un figlio, come ho fatto io in questi anni. Semmai il problema vero è quella della sostenibilità e dell’indipendenza economica. Ma non è un problema solo delle giornaliste freelance, ma di moltissime donne italiane, tra le meno supportate nei servizi alla famiglia, sempre più precarie e con retribuzioni che rasentano la dignità. Molte giovani colleghe anche per questo, oltre certo per libera scelta, stanno rinunciando alla maternità.

Ti definisci giornalista “civile”. Cosa significa fare giornalismo di inchiesta? 

Ho mutuato la definizione dalla tradizione del giornalismo d’interesse pubblico americano “civic journalism”. E’ una definizione che ho rimarcato in questi anni per sottolineare che anche da freelance, cercavo di sviluppare delle inchieste che avessero al cuore il giornalismo investigativo di interesse pubblico. Cioè di occuparmi di temi importanti, scomodi, che ma che rispondessero ad un bisogno civico e cercando di farlo nel modo più accurato. Così ho iniziato ad occuparmi di siti contaminati, di ambiente, di salute attraverso i dati. Ho cercato di capire quali sono i meccanismi che permettono gli illeciti, a partire dalla mancanza di trasparenza delle istituzioni, quelle che poi permettono il crimine d’impresa. Non a caso sono stata tra le prime giornaliste in Italia ad usare il diritto di accesso alle informazioni verso la Pubblica Amministrazione proprio su questi temi.
Il modello di riferimento è , appunto, quello di ProPubblica “investigative jounralism in public interest”. Cittadini Reattivi, seppur minuscolo progetto è entrato proprio per il proprio metodo nel  Crowd-Powered News Network#cpnn.

Ho compreso negli anni di non essermi inventata nulla, semmai di aver rinnovato la tradizione, usando il web e il crowdsourcing.  Trovandomi a fare il giornalismo sollecitando, da una parte l’apertura delle banche dati per leggere i fenomeni, e dall’altra quello del “consumo delle scarpe” che è poi quello che ti permette di capire la vastità dei problemi, verificarlo sul campo, insieme alle persone. Penso a Casale Monferrato, penso a Taranto, a Brescia.

Quali sono le doti e le caratteristiche che dovrebbe avere un giornalista d’inchiesta? 
La capacità di osservazione, intercettare cosa non va.  Raccogliere dati e elementi e riuscire a collegarli tra loro nel tempo, studiare tanto, farsi sempre domande. Non dare mai niente per certo se non dopo verifica accurata.

Giornalismo digitale vs cartaceo. Qual è, in base alla tua esperienza, il futuro e le opportunità tra Internet e la carta stampata?

Seppure io abbia iniziato a lavorare sul web, le mie prime inchieste e articoli sono state pubblicate sulla carta. Da Terre di Mezzo a La Nuova Ecologia, dal Sole24ore a Wired fino a Donna Moderna. In realtà penso che i due sistemi si debbano e possano integrare. Non è un caso che come Cittadini Reattivi sentiamo il bisogno di mettere su carta alcune delle storie più importanti raccolte in questi anni.
Lavorare “per la carta” ti insegna il rigore, la definizione dello spazio, il sacrificio, la sintesi. Io ormai ho una scrittura da “long form”, ma è un esercizio necessario per i professionisti dell’oggi e del domani. Il web ti lascia molta libertà, approfondimento, visione. Forma dei giornalisti che devono sviluppare anche una visione editoriale, usare il codice, sperimentare nuovi modi per rappresentare dati e la realtà.

Tre servizi giornalistici che hai realizzato nel corso della tua carriera e a cui sei molto legata

Uno di quelli a cui sono sono molto legata è senza dubbio l’inchiesta pubblicata su Donna Moderna “L’inquinamento uccide i nostri figli” e con la quale poi ho vinto anche il terzo premio al giornalismo d’inchiesta del Gruppo dello Zuccherificio nel 2016. Un’inchiesta già in nuce dal 2014 ma che diversi editori avevano rifiutato.

Un approccio diverso e necessario per  poter raccontare con dignità la lotta di queste donne forti, che si battono per la salute dei propri figli, in un ambiente sempre più martoriato dal nord al Sud dell’Italia. Che sono d’esempio per tutte noi. Mi è costata molto, in termini di pressioni poi subite. Ma è stata un’inchiesta in cui una direttrice coraggiosa come Annalisa Monfreda ha creduto. E che andrebbe continuatamente aggiornata.
Poi il tema dell’amianto e dei siti contaminati. Di amianto ho iniziato a scrivere nel 2013 su Cittadini Reattivi, ho progettato l’inchiesta nazionale uscita su Wired nel 2015, ho scritto oltre 50 articoli/inchiesta fino al 2016, ho portato alla luce le molteplici violazioni della legge 257/1992 che doveva mettere al bando l’amianto in Italia, a partire dalla mancata mappatura dei siti contaminati. Poi, grazie al crowfunding civico abbiamo prodotto “La rivincita di Casale Monferrato“, il documentario-inchiesta, con il montaggio di Marco Balestra e la mia regia, che racchiude in mezz’ora 4 anni delle mie riprese e racconta, finalmente, il riscatto attraverso la voce dei protagonisti. Vocespesso sacrificata negli spazi di una pagina o un articolo. Ma era fondamentale mostrare la strada possibile per uscire dal dramma dell’amianto, nata proprio dove c’è stata la maggiore sofferenza. E che ora sta iniziando a girare l’Italia.
E poi i rifiuti, un tema su cui bisogna fare tantissima luce, in ogni parte della filiera, che abbiamo iniziato monitorare dal 2015 su Cittadini Reattivi e che poi è sfociata in Rifiuti d’Italia… ma la verità è che penso di più alle inchieste che vorrei ancora realizzare, in questo momento, e a come produrle.

Tre personalità che hai intervistato e che ti sono rimaste nel cuore

Questa è una domanda molto difficile per me. In realtà sono tante. Ma nel mio cuore, inutile nasconderlo ci sono le donne che ho incontrato in questi anni. Da Casale a Brescia, da Acerra a Brindisi e Castenedolo. Da Avellino aCaltagirone. Da Mantova a Taranto.

Quale pensi sia un tuo pregio professionale?

Dovremmo chiederlo ai colleghi e ai miei direttori di questi anni… C’è chi mi ha definito “caterpillar”. Obbiettivamente non mollo l’osso, sono una watchdog. Forse il mio pregio è stato anche quello di saper lavorare in team, cosa non facile in questo Paese.

Doti e caratteristiche che dovrebbe avere un giornalista oggi. Un consiglio a un giovane che vorrebbe fare il tuo lavoro.

Sono le caratteristiche del giornalismo di sempre, per la verità. Curiosità, accuratezza, precisione, essere multitasking, produrre cioè contenuti per tutti i media e canali. Il consiglio che dò a tutti i miei allievi è quello di non arrendersi, non è un momento facile per la professione in Italia. Forse per loro sarà più semplice guardare all’estero, anche se il nostro Paese ha un bisogno folle di buon giornalismo d’inchiesta indipendente e libero. Bisogna pensare a format nuovi, a come finanziarli e sostenerli.

Progetti per il futuro?

Riuscire a continuare a fare il mio lavoro con dignità, reinventandolo ogni giorno. Fare in modo che Cittadini Reattivi possa crescere, diventando sostenibile anche economicamente, sia come progetto giornalistico e associazione e che possa contribuire a formare giornalisti civici e cittadini consapevoli dei propri diritti, a partire di quello di sapere.

Per questo ringrazio i miei soci che in questi anni mi hanno sostenuto e lavorato con me: Federica Mazzei, Gloria Schiavi, Antonella Carnicelli e Vincenzo Senzatela per la parte giornalistica . Flavio Castiglioni, Rosy Lo Dico e Ginevra Marino, la parte più civica. E tutti coloro che ci hanno seguito e accompagnato in questi anni, hanno collaborato con noi, la grande e trasversale comunità che ha sostenuto anche economicamente Storie Resilienti. E grazie ai cittadini e alle cittadine che mi hanno scritto, sostenuto, incoraggiato nei momenti più bui e con la quale sono in contatto ogni giorno. Da loro arriva la spinta per andare avanti. E con il tour de “La rivincita di Casale Monferrato” avrò modo di ritrovarli.

 

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